![]() Quando svolgo la mia attività professionale, sono solito pormi domande. In questo momento voglio soffermarmi su alcune di queste, ad esempio quando spiego alle persone l’importanza di avere un atteggiamento congruo alle varie situazioni che la vita ci mette di fronte. Atteggiamento però, che dobbiamo condire con una bella spruzzata di gioia. Ma la gioia esiste veramente? La gioia è un’utopia? La gioia è una forma di illusione mentale? La gioia è un’emozione che possiamo vivere ogni giorno? La gioia in tempo di pandemia virale esiste veramente? Esiste un metodo scientifico che dimostri come l’applicazione quotidiana di un atteggiamento congruo alle situazioni in cui ci troviamo e gioia insieme, possa trasformare il mio sentimento troppo razionale e trasformarlo in un atteggiamento/comportamento più aperto e solare? In queste righe voglio farvi riflettere su quanto sia importante, ancor di più in questo momento storico, vivere nella gioia. “È l'arte suprema dell'insegnante, risvegliare la gioia della creatività e della conoscenza” Albert Einstein In questi ultimi 30 anni ho frequento diverse scuole di formazione e grandi guru della crescita personale con l’idea che avrei trovato la giusta tecnica e la giusta motivazione che mi permettessero di vivere la gioia pienamente. Mi sono affidato anche alle letture, all’ascolto di audio, ho imparato tanto e credo di aver preparato il terreno affinché il seme in me potesse prima o poi germogliare. Un bel giorno lavorando con una meravigliosa persona nel mio studio, ho compreso la ricetta segreta della gioia, è stata lei a metterla in luce: “Amadeo, lei è molto bravo e altrettanto fortunato, la gente si rivolge a lei e trova di sicuro beneficio e giovamento, ma il motivo per cui è disposta a pagare la parcella è perché lei, attraverso noi, ha modo di risanare le sue ferite trovando la gioia e grazie a ciò infonderla in noi”. Incredibile, in questi anni, avevo incontrato persone, avevo lavorato insieme a loro, le avevo sostenute negli incontri individuali per risolvere le loro disarmonie psichiche e patologiche e non avevo avuto la piena consapevolezza di come fosse stata la gioia l’elemento fondamentale. Erano lì, di fronte a me, io non facevo altro che suggerire loro di spostare il loro pensiero razionale e sentimentale e posizionarlo nella loro parte emozionale e in pochi incontri ritrovavano l’entusiasmo per la vita, miglioravano le loro condizioni neuro fisiologiche, riscoprendo nuovamente la gioia di vivere. Quindi che cos’è la gioia? La gioia è un’emozione piacevole di alta intensità, che proviamo quando crediamo con certezza che uno scopo, per noi molto importante, sia stato realizzato. La gioia è un’emozione pura, la felicità invece è pur sempre una bella emozione, ma coloro che la sperimentano hanno sempre un oscuro timore di perderla. La felicità, a differenza della gioia, si spegne nel momento in cui raggiungiamo l’obiettivo; in quel momento stesso ne percepiamo la precarietà e la transitorietà. La felicità è infatti è un’emozione pronta a polverizzarsi di fronte a piccole situazioni di disagio, figuriamoci a quelle più grandi. Perché la gioia ha connotati così diversi? Perché la gioia dipende solo da noi. Un neonato, dopo aver soddisfatto i bisogni primari che sono il cibo, il sonno e quelli fisiologici, si riveste di gioia. Basta guardarlo per capire che la gioia è parte integrante del nostro DNA. Solo il tempo e i neuro condizionamenti che riceviamo rendono la gioia un’emozione più blanda, temporanea che si consuma rapidamente. La gioia è un atteggiamento, un modo di interpretare la vita nella direzione del “vitale”, la gioia dipende dall’atteggiamento che abbiamo difronte alle situazioni, dipende dal significato negativo che carichiamo a quell’evento. La gioia è la sensazione che si prova guardando negli occhi la persona che ti ama, un amico che ti rispetti, il figlio che si accoccola tra le tue braccia, l’abbraccio e il calore che ti offre il tuo partner. La gioia non è un'idea né una decisione, è semplicemente una sensazione che pervade ogni cellula del nostro corpo perché una cascata ormonale ossitocinica invade tutto te stesso. A differenza della felicità, la gioia può durare finché tu soffri. La gioia è un atteggiamento del tuo cuore, non una mentalità. Molti studi scientifici, hanno cercato di capire il profondo significato che ha la gioia. Da alcuni di questi è emerso che:
Per questo motivo, ci impegniamo, in questo delicato periodo, ad incontrarci nelle dirette web, per fornire a chi lo desidera, suggerimenti per ritrovare un buon equilibrio relazionale con la propria famiglia e anche con le persone all’esterno e strumenti pratici per alleviare il peso delle restrizioni che l’isolamento ha generato. Il modello Psico Health Coaching comportamentale che utilizzo per fare l’anamnesi emozionale delle persone che incontro è il seguente: Da questo schema si può evincere che ogni evento della nostra vita crea dei bottoni emotivi. Questi bottoni generano reazioni emotive, legate alle emozioni primarie. Le emozioni primarie sono: gioia, piacere, amore, paura e rabbia. È evidente che se nella fase di imprinting della mia vita (0-12 anni), ho vissuto pochi momenti di gioia e molti momenti con emozioni di paura, rabbia, frustrazioni o sotto classificazioni di queste, la mia bussola emotiva spingerà la mia mente ad avere rappresentazioni mentali interne (veri e propri film multisensoriali) nella direzione disarmonica, che mi porterà ad avere un atteggiamento “negativo” nei confronti della vita, determinando così un comportamento consono a questo stato emotivo, portandomi a compiere azioni che sono prive di risultato, avvallando la teoria che chi, come me, ha quel determinato vissuto, sarà sempre nella vita sfortunato, infelice e privo di gioia. Vivrà al massimo momenti di felicità sporadica, dati da piccoli obiettivi raggiunti, ma non riuscirà a trasformare la felicità in vera gioia, se non con una grandissima fatica. Quindi è sufficiente cambiare o variare i ricordi in memoria per raggiugere la gioia? La risposta è “no”, per raggiungere la vera gioia, dobbiamo lavorare non sugli eventi, non sulle rappresentazioni interne che l’evento procura, ma sul LOGOS che sta tra l’evento (che non può essere cambiato) e le rappresentazioni mentali. Solo lavorando costantemente sul logos interiore, sostituendo il linguaggio disarmonico, possiamo cambiare la rappresentazione mentale e quindi il significato che noi diamo a quel evento (film emotivo). In questi 6 punti che seguono ecco utili indicazioni di come procedere nella vita per sostituire il logos interiore con un logos vitale che spingerà nella direzione della gioia:
1. Capire che vita vogliamo vivere e qual è il nostro grande scopo in questa esistenza: Questo significa entrare in noi stessi e:
2. Trovare tempo per noi stessi e riscoprire quei piaceri che ci regalano serenità Trovare il tempo per noi stessi, ci porta a scoprire i nostri punti di forza, le nostre convinzioni potenzianti, significa capire quali sono le migliori strategie per essere efficienti in ogni azione che intraprendiamo. Intraprendere azioni concrete significa vivere nel presente, non nel futuro. Una volta capite le nostre convinzioni, dobbiamo estrarre i nostri valori, ciò che per noi è importante. I valori rappresentano la “benzina” da mettere nel serbatoio della memoria stratificata emotiva, che invierà i giusti impulsi prima all’ipotalamo, poi all’ipofisi, generando la cascata ormonale con obiettivo gioia. 3. Segui unicamente il tuo flusso Il nostro obiettivo primario, nella vita, è quello di ricercare attimi di gioia, di serenità e pace. La ricerchiamo di continuo, anche nelle piccole azioni quotidiane, come un abbraccio, un saluto o nel vedere un amico o un semplice paesaggio. Per questo, è necessario evitare di farsi influenzare da fattori esterni e ricordare che ogni uomo ha condizioni sufficienti per provare gioia, dato che questa emozione dipende dal nostro atteggiamento mentale e da come ci poniamo nei confronti del mondo. Dobbiamo imparare ad osservare la realtà che ci circonda in modo aperto e profondo, imparare constatare senza giudizio le cose che ci capitano, le critiche che ci vengono fatte e comprendere come integrare tutto questo per ottenere risultati migliori nel quotidiano. Saper rielaborare la sofferenza, gestire la rabbia, smascherare la paura e trovare quel messaggio sottinteso che queste emozioni producono in noi, diventa per noi il sale della vita. Impegnarsi a vivere con questo atteggiamento implica dare grande valore alla meditazione, al movimento del corpo, alla nostra alimentazione, alla riflessione, trasformando i pensieri giudicanti di rabbia, paura, insofferenza, malinconia, frustrazione in azioni positive che influenzeranno tutto il nostro comportamento e ci limiteranno pian piano gli effetti negativi da stress che arrivano dal mondo esterno. Ecco perché dico: SEGUI IL TUO FLUSSO. 4. Sii tu colui che sa esprimere le emozioni, non gli altri a provocare le tue reazioni Come fare? Per prima cosa è necessario imparare ad analizzare i fatti da una prospettiva diversa da quella che fino ad oggi abbiamo utilizzato e fare questo ci porta sicuramente in una situazione più vantaggiosa. Invece di focalizzarci sui problemi che creano ansia e preoccupazione, concentriamo l’attenzione su ciò che diciamo, invertendo la rotta. Per esempio, se il nostro pensiero assillante è: "Non riuscirò mai a concludere questo lavoro in tempo utile", potremo modificarlo in: "Tenendo un ritmo costante, con un numero X di pause regolari, porterò a termine il lavoro, con certezza, in “x” ore". “Questa situazione è troppo grossa per me?”. Qui diventa indispensabile ristrutturare la dimensione del problema che la mente che vede troppo grande e dirsi: “Grossa rispetto a che cosa? Cosa ho fatto da bambino quando ho imparato a camminare, a parlare, articolando parole difficili? Mi sono chiesto forse se fosse troppo difficile e grande l’impresa? Ricordo quali e quante volte ho superato ostacoli che pensavo insormontabili, ma che ripensandoli ora mi sembrano banali?” Dato che per le cose difficili ci vuole tempo e per quelle impossibili …….. un po’ di più, iniziamo con piccoli passi per risolvere le situazioni più urgenti! Anche la strategia del confronto con altri è importante; in questo modo possiamo imparare da chi ha raggiunto un proprio traguardo per rendere il problema affrontabile. Cercare anche sul web possibili soluzioni, restare in movimento, mai fermi, mai “inchiodati” sul problema. Modificare il punto di vista su una situazione ci consente di cambiare atteggiamenti mentali, di conseguenza comportamenti con relative azioni e risultati, che impatteranno positivamente alterando contemporaneamente i livelli di cortisolo e quindi di stress dannoso per il nostro organismo. 5. Imparare dalle emozioni Normalmente cerchiamo di sopprimere il nostro senso di vulnerabilità perché lo identifichiamo con la sensazione che qualcosa in noi non vada bene e spesso entriamo in questa zona con una sensazione di disorientamento e di shock, come se improvvisamente ci mancasse la terra sotto i piedi…In realtà l’ambivalenza e i sentimenti misti sono spesso molto più frequenti di quanto tendiamo ad ammettere. Spesso sorgono quando le cose non stanno andando come desideriamo o avevamo pensato e ci portano a recitare un personaggio lontano dalla nostra vera identità. Sono sensazioni collegate al nostro passato che attivano sia i nostri sistemi d’allarme che i nostri sistemi difensivi. Potremmo definirli frammenti di paura a cui cerchiamo di rispondere con una soluzione esterna. Frequentemente iniziano con una piccola scossa data dall’elemento inaspettato che fa emergere sensazioni di vulnerabilità. Possono essere connesse con memorie congelate e molto facilmente nutrono la sensazione di ansia. Un’ansia che dice: “C’è qualcosa che non va”. Possono apparire anche come dubbio o come la sensazione di esserci tagliati via da noi stessi. Il dubbio spesso nasce come risposta ad una frustrazione, delusione, imbarazzo, paura, colpa o offesa. Invece che esplorare direttamente questi aspetti continuiamo a cercare la soluzione negli altri. È la distanza dalla nostra paura che crea le emozioni ambivalenti. Le caratteristiche tipiche delle emozioni ambivalenti sono praticamente l’opposto di quello che proviamo nelle situazioni di apertura: • ci sentiamo tagliati fuori e rifiutiamo parti della nostra esperienza; • abbiamo sentimenti di svalutazione a volte coperti da un senso di eccessiva importanza; • la nostra capacità di amare diventa la paura di non essere amabili e la fame di essere amati; • abbiamo comportamenti impulsivi o compulsivi, entrambi basati sull’impotenza. Gli elementi chiave dell’ambivalenza sono: • abbiamo paura di fronte ad una situazione imprevista; • ci sentiamo vulnerabili e cerchiamo di scacciare questa sensazione; • emergono molti dubbi e veniamo catturati da aspettative irrealistiche; • possiamo sentirci insultati, umiliati, irritati, preoccupati, imbarazzati, vergognosi. Tutto questo porta in un’unica direzione: ripetersi che saremo gioiosi e quindi felici solo quando… otterremo una meravigliosa vincita alla lotteria, quando avremo la casa dei nostri sogni, quando nel lavoro ci realizzeremo o quando incontreremo il vero amore. Razionalizzare il pensiero e legarlo sentimentalmente a queste situazioni, ci fa ESSERE CONDANNATI ALL’INFELICITA’ ETERNA. “La gioia e l’amore sono le ali per le più grandi imprese e rappresentano la faccia dell’anima capace di risvegliare la coscienza”. Amadeo Furlan |