Amadeo Furlan è un uomo con molti talenti e molte passioni. Ha lavorato come ricercatore nel mondo medico e poi come manager in molte aziendale nazionali ed internazionali, da 16 anni a questa parte si muove nel mondo della consulenza, della formazione aziendale e manageriale. La sua più grande passione? La medicina psicosomatica alla quale dedica la maggior parte del suo tempo. Tempo dedicato a trasferire e promuovere nuove ricerche scientifiche nel mondo della medicina alternativa. Il suo obiettivo principale è quello di fornire al pubblico informazioni oneste e tangibili su come si può mantenere un benessere fisico e mentale.
Cosa ha suscitato dottore il suo interesse per la medicina alternativa? Dopo aver lavorato per molti anni per le grandi società, avevo bisogno di un cambiamento. Volevo fare qualcosa di diverso. Nel 1988 ho avuto il piacere di incontrare un professore (prof. Dalla Dea) che, mi ha fatto conoscere il mondo della Programmazione Neuro Linguistica (PNL), e mi ha aiutato a comprendere in che modo la mente viene influenzata dalle parole e, come queste agiscono sulle nostre azioni ed i nostri comportamenti, con i conseguenti risultati. Per me è stato un amore a prima vista e che, ho coltivato frequentando i Master con il fondatore della PNL Richard Bandler. Anche se, all’epoca, ho dovuto tralasciare i miei percorsi di studi nel mondo della medicina alternativa dedicandomi, invece, a governare l’azienda in cui lavoravo. Perché ha continuato a studiare medicina, se già era un manager di successo? Perché ero affascinato da questo mondo, perché volevo capire di più su come la mente e il corpo comunicano tra loro, perché i pensieri negativi reiterati nel tempo, possono portare a malattie fisiche, perché le frequenze delle nostre parole possono influire, inevitabilmente, sulla nostra neuro fisiologia, e perché ero e sono fondamentalmente convito che, un manager di alto livello debba conoscere bene come funziona la mente e come usare le parole per valorizzare al meglio le potenzialità dei propri collaboratori. Dopo oltre vent’anni di studio, di ricerca e di corsi fatti con i migliori formatori al mondo, sono sempre più certo che, mente ed emozioni sono in stretta connessione con i risultati che le persone ottengono. In definitiva sono un tutt’uno. Come ha conciliato il lavoro da CEO nelle multinazionali dove ha lavorato con la sua passione per la medicina? Mentre continuavo a girare in tutto il mondo, ho iniziato a ritagliare del tempo e delle risorse finanziarie per implementare le mie conoscenze e capire come gli eventi del passato, le parole “significative” elaborate dalla psiche scrivono nel soma, ovvero come si sviluppa la malattia o il disagio. Capire come le malattie psicosomatiche potevano essere risolte era diventato il mio scopo primario, ecco perché dopo tanti anni di carriera manageriale, mi sono ritirato e mi sono riappropriato della mia vita, dedicando tutti gli sforzi alla medicina alternativa. L’obiettivo era capire perché quella patologia fosse insorta, quale fosse la sua genesi (origine) e come poter aiutare chi ne soffriva per risolvere dolori e paure. Cosa significa malattia psicosomatica? La Medicina oggi sta andando incontro sempre più ad un approccio olistico. I medici hanno sempre più la consapevolezza che, le persone sono individui e devono essere visti come tali, e non secondo protocolli standardizzati generici. Il mondo si sta aprendo a nuovi orizzonti e nuove forme di conoscenza e consapevolezza. Oggi, sentiamo una spinta interiore più forte che ci spinge a scoprire, a osservare la natura, a leggere quello che ci dice, si tratti del cielo, dell’acqua o del nostro corpo, per essere in grado di trovare quell’equilibrio che abbiamo dimenticato e perduto. Siamo in una rivoluzione psicologica. Come ha fatto a dare un senso a tutti questi studi con un passato lavorativo orientato principalmente nel mondo del business aziendale? La vita mi ha regalato moltissime opportunità, facendomi conoscere molte persone speciali, molti medici capaci di innovare. Tra le persone più significative conosciute (circa 10 anni fa) ci sono due grandi (così li considero io ..., e non solo) uno è Paolo Spoladore e l’altro è il dott. Raffaele Migliorini che sono stati per me dei mentori. Rappresentano i miei riferimenti, perché sono i professionisti più significativi e affidabili per competenza, esperienza e documentazione scientifica, ma soprattutto, sono stati e sono ancora oggi capaci di offrire un contributo di elevato valore con nuovi e unici approcci nel mondo delle malattie psicosomatiche. Le manca il mondo aziendale? Sono passati 16 anni da quando ho lasciato quella vita, e devo dire che non mi manca affatto. Sono stati 22 anni intensi, di alto livello, con esperienze straordinarie che, hanno influenzato la mia vita professionale, ma ora fanno parte del passato, ed è un passato che non mi appartiene più e non ne sento per niente la mancanza. Dove porteranno questi nuovi approcci di medicina alternativa? Non ho idea dove questi studi ci porteranno, ma ho la piena consapevolezza che, la corretta divulgazione, il confronto onesto e trasparente daranno alle persone “ammalate” una nuova opportunità di conoscenza. Ma soprattutto, offriranno a tutti una grande possibilità, una risposta preventiva. Come dice il detto “prevenire è meglio che curare”. Il resto credo sia un mistero, perché nessuno di noi sa predire il futuro. Ma di certo mi sento ancora all’asilo, sì all’asilo, un posto dove il bambino impara a capire le cose, dove inizia il percorso di confronto, dove la sua creatività viene incanalata e implementata. Cosa spera per il futuro della medicina alternativa? Spero che cresca e si evolva, spero che l’uomo sappia cogliere dalla natura le giuste informazioni per maturare e innovarsi. Spero che, attraverso la condivisione di tutti questi studi si possa collaborare per trovare la strada per una vita gioiosa, e che si possano fornire spunti interessanti per le future generazioni, con strumenti efficaci che possano prevenire tutte le forme di disarmonia fisica, psicologica e spirituale. Cosa vorrebbe comunicare con questo blog e che ruolo vuole che abbia per creare un futuro migliore? Non ho fatto questo blog per creare l'illusione che io possa insegnare qualcosa al mondo. Sarebbe sciocco, presuntuoso e superbo pensare che, possa fare tutto questo da solo. È proprio grazie ai feedback che riceverò, e al confronto sano e umile, che io credo si possa collaborare per aiutare, chi è malato, a trovare il punto di svolta della propria vita. Spero che, questo blog crei una comunità di uomini e donne che sentano il forte desiderio di offrire il proprio contributo, a seconda delle loro competenze delle loro possibilità, per il bene di tutto, così da permettere ad ogni persona di “sentirsi” di nuovo in salute, godendo di un dono che da sempre ci appartiene. Il primo clinico ad utilizzare il termine stress fu Hans Selye, che lo ricavò da strain, utilizzato in fisica con il significato di strappo, sforzo. Nel 1936 Selye, in seguito ad alcuni esperimenti, arrivò ad identificare questo fenomeno come una condizione morbosa, prodotta nelle cavie da laboratorio, da stimoli nocivi e, caratterizzata da modificazioni fisiopatologiche, quali ipertrofia della corticale del surrene, ipotrofia del timo e degli organi linfatici e comparsa di ulcere sanguinanti dello stomaco. Più in generale, lo stress può essere considerato un insieme di reazioni a catena, scatenate da uno stimolo esterno (stressor) che, si estrinseca seguendo due vie, una comportamentale e l’altra biologica. Dal punto di vista comportamentale si osserva una modifica di atteggiamento dell’individuo che, tenta di rimuovere l’evento stressante; dal punto di vista biologico l’attivazione del sistema neurovegetativo e neuroendocrino mette l’individuo in una condizione di “allerta” (aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, degli atti respiratori), al fine di rispondere allo stimolo esterno. Gli eventi stressanti o stressor sono stimoli di varia natura che, interessano, comunemente, gli individui; vengono classificati in biologici (infezioni), fisici (esposizione al caldo, al freddo, traumi), psicosociali (disoccupazione, separazione, lutti ecc.) e intrapsichici (paure, conflitti interni ecc.). I meccanismi che coinvolgono a catena il Sistema Nervoso Centrale (SNC), il Sistema Immunitario (SI) e il Sistema Neuro Endocrino (SNE) sono molteplici, e dimostrati da numerose ricerche scientifiche sperimentali e cliniche (Cafiero, Prota, Marenzi et al. 2006).
Non è semplice capire quando siamo in pericolo, in quanto lo stress è una condizione personalizzata, sia per quanto riguarda la capacità di risposta del nostro organismo, sia per il tipo di eventi scatenanti. Molti ricercatori nel campo dell’endocrinologia e della neuropsichiatria sono alla ricerca di indicatori dello stress, al fine di elaborare uno strumento che ci permetta di capire quale sia la nostra tolleranza allo stress. L’omeostasi, come ha spiegato Steven Rose (1997), è la tendenza dell’organismo a operare per regolare il proprio ambiente interno, ovvero si tratta della costante messa a punto fra il biologico e il sociale. I valori programmati per l’omeostasi cambiano continuamente, in quanto lo stesso organismo gioca un ruolo attivo nel determinare il proprio destino, essendo dotato di grande plasticità nel corso dello sviluppo. Rose ha introdotto il concetto di darwinismo dinamico, secondo il quale l’organismo si modifica in relazione all’ambiente sociologico nel quale si trova, e non in maniera passiva ma attiva. Questa autopoiesi, ossia costruzione del Sé, è una caratteristica di noi umani, ed è importante quando affrontiamo situazioni eroiche, per avere la percezione di ciò che stiamo pagando in quel momento, così da sostenere quella determinata situazione operativa. A quel punto abbiamo due possibilità: o rientrare rapidamente nello status quo ante per evitare di ammalarci, o capire che l’organismo è in grado di sostenere quella scelta in quanto è riuscito a modificare la sua omeostasi. Chiave di volta del controllo dello stress è l’ippocampo, piccola formazione situata nei nuclei della base cerebrale che, immagazzina in memorie precostituite o engrammi neurali la rappresentazione dell’ambiente esterno, frutto di esperienze precedenti. In tal modo l’ippocampo è in grado di valutare gli eventi reali con modelli teorici predeterminati. Una volta eseguito questo esame, l’ippocampo innesca una cascata neuroendocrina, attivando l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Così facendo, questa efficientissima struttura cerebrale opera in due modi: controllando il mondo esterno e, in certe situazioni, trasformandosi in un centro di attivazione neuroendocrina. Questa cascata neuroendocrina a sua volta si ripercuote sul comportamento dei linfociti T help-er, registi della risposta immunitaria.
I linfociti T helper sono suddivisi in due classi, Th1 e Th2, il cui equilibrio definisce la bilancia immunitaria analogamente al modello yin-yang della medicina cinese, ossia polarità opposte di un medesimo processo. Una condizione di stress cronico, creando uno sbilanciamento a favore dei Th1, può favorire la comparsa di malattie autoimmuni, quali la sclerosi multipla per il sistema nervoso, il morbo di Crohn per l’intestino e l’uveite per l’occhio. Una polarizzazione opposta, invece, può portare a un eccesso di risposta anticorpale, in particolare verso gli allergeni, con una iperproduzione di immunoglobuline di tipo E (IgE). Si ritiene che le allergie e il LES (Lupus Eritematoso Sistemico, malattia autoimmune da immunocomplessi) siano da attribuire all’eccessiva polarizzazione del circuito Th2. Per effetto placebo s’intende la capacità dell’organismo di liberare sostanze endogene con finalità terapeutiche. L’effetto placebo viene utilizzato con frequenza nel campo della ricerca scientifica e in oncologia, e, spesso, vengono sviluppati protocolli scientifici terapeutici che, comparano un nuovo farmaco antiblastico a un prodotto inerte, definito appunto placebo. La statunitense Food and Drug Administration (FDA) considera il controllo effettuato con il placebo il migliore possibile. Le sue linee guida per la registrazione di nuove molecole ne prevedono l’utilizzo almeno per certe classi di farmaci. Sul piano scientifico sono tre gli argomenti che vengono addotti a sostegno dell’utilizzo del placebo nella ricerca clinica: 1) il placebo costituisce un punto di riferimento; 2) spesso risulta difficile decidere con quale trattamento sia più opportuno confrontare una nuova molecola; 3) è più facile valutare la significatività statistica negli studi clinici controllati con il placebo.
In un lavoro del 1997 (Fields, Price) si è potuto osservare, grazie alle tecniche più avanzate di imaging cerebrale, ossia PET (Positron Emission Tomog-raphy) e fMRI (functional Magnetic Resonance Imag-ing), quello che succede nel cervello dopo la somministrazione di un placebo. Questo studio conferma quanto riportato in un precedente lavoro (Ma, Shi, Han 1992), da cui si evince che, il naloxone, farmaco che blocca l’azione della morfina e delle endorfine, somministrato assieme al placebo, ne riduce gli effetti. La mente, quindi, in qualche modo controlla la chimica del cervello. Come si attivi questa capacità e, come indurla in base alle necessità, sono oggetto di studio. La sfida della medicina odierna consiste nell’identificare i percorsi che, collegano le condizioni mentali alle risposte organiche fisiologiche e patologiche. Da anni è noto il circuito del piacere, conosciuto come sistema dopaminergico mesolimbico e caratterizzato da una rete specializzata di neuroni che, usano come neurotrasmettitore, la dopamina. Si tratta di una via cerebrale comune a diversi stimoli positivi, naturali o sintetici che siano, nella quale il risultato finale è sempre lo stesso, e cioè il rilascio di dopamina, il neurotrasmettitore coinvolto nei processi di gratificazione. Più di recente è stato identificato il sistema endocannabinoide con i suoi recettori per la morfina (CB1), che ha consentito di capire meglio i collegamenti fra le cellule del sistema nervoso. Recettori CB1 sono stati trovati anche negli adipociti e, infatti, il sistema endocannabinoide è coinvolto nell’assunzione del cibo, nel bilancio energetico e nel consumo di tabacco. Gli endocannabinoidi svolgono un importante ruolo nella regolazione dell’ansia e del vomito, nel controllo del dolore e nel prevenire la morte neuronale; questo è il motivo per cui la ricerca scientifica è impegnata a sviluppare farmaci derivati dalla marijuana, senza i suoi effetti collaterali. La marijuana, infatti, presenta notevoli vantaggi terapeutici in quanto allevia l’ansia e il dolore ed elimina il riflesso del vomito, riducendo i danni tossici della chemioterapia. Recenti scoperte della biologia e della neurobiologia permettono di ricostruire l’interpretazione dell’effetto placebo, in modo assai nuovo e accurato, in quanto questo particolare effetto costituisce per ogni individuo un patrimonio biologico, frutto di una complessa storia evoluzionistica collettiva, e nel contempo, espressione di una individualità biologica, correlata a una summa di esperienze cognitive. Lo sviluppo della PNEI (Psico-neuro-endocrino-immunologia), infatti, ha potuto spiegare come ogni minimo stimolo cerebrale si traduca in uno stimolo elettrico, e come questo, a sua volta, possa indurre modificazioni neurochimiche e liberazione di neurotrasmettitori che, attraverso la via ematica si diffondono in tutto l’organismo. Le risposte del S.I.(Sistema Immunitario) e i neurormoni prodotti dalle cellule immunitarie inducono parallelamente una serie di modificazioni a carico del sistema neuroendocrino e del sistema nervoso centrale, per cui questa intricata rete di recettori e messaggeri cellulari rappresenta il complesso sistema di comunicazione fra psiche e soma e, spiega ampiamente sia l’effetto placebo sia l’effetto nocebo.
A proposito di quest’ultimo, è stato dimostrato come l’ansia attivi una serie di circuiti nervosi che, dall’ipotalamo passano all’ipofisi e, da qui arrivano alla ghiandola surrenale, con conseguente liberazione di ormoni dello stress (come il cortisolo). Questo meccanismo spiega l’aumento del dolore o del vomito nei pazienti portatori di tumori, in chemioterapia. Come ha scritto Edelman (2004), la mente di un individuo non risiede nel cervello, ma è rappresentata da un Io cognitivo inteso come struttura in continuo mutamento; da questa considerazione deriva che, l’effetto placebo è frutto di una summa di eventi biologici vissuti dall’organismo attraverso continui mutamenti indotti dalle varie esperienze. Le conclusioni finora raggiunte nel campo delle neuroscienze indicano che, i processi mentali derivano dall’attività di sistemi cerebrali straordinariamente intricati a molti e diversi livelli di organizzazione. Allo stato attuale delle conoscenze, tali livelli comprendono sicuramente quelli molecolari, cellulari, di organismo (l’intera creatura) e di transorganismo (la comunicazione empatica). È sorprendente, afferma Edelman, rendersi conto di quante connessioni si proiettino da ognuno di questi livelli a un altro, da una reazione di paura indotta, da un grido di avvertimento a un processo biochimico che condiziona il comportamento futuro. Da un’infezione virale come stimolo del sistema immunitario si arriva ad una modificazione dello sviluppo del cervello, con una sua conseguente diversa maturazione. Esemplificando, se un bambino contrae una malattia esantematica di natura virale con forte reazione febbrile, espressione della produzione di anticorpi in risposta all’attacco virale, viene indotta un’intensa modificazione delle strutture cerebrali, conseguente al bombardamento di neurotrasmettitori e ormoni prodotti dai linfociti che, contemporaneamente, si attivano per produrre anticorpi. Lo sviluppo della mente va reintegrato all’interno della natura; nel corso dell’evoluzione, infatti, i corpi sono pervenuti ad avere menti, ma questa osservazione non basta ad affermare che la mente è parte integrante del corpo: occorre dimostrare in che rapporto strutturale e funzionale la prima interagisca con il secondo.
Se riportiamo queste riflessioni sullo sviluppo della mente attraverso il processo evoluzionistico all’effetto placebo, possiamo comprendere come tale risposta biologica, collegata al processo dell’apprendimento, non sia esclusivo appannaggio dell’uomo, ma appartenga in generale al mondo animale. L’effetto placebo, infatti, è collegato alle aspettative costruitesi attraverso l’apprendimento: ad esempio se a un topo di laboratorio viene iniettata sottocute una minima dose di apomorfina in un ambiente che gli è familiare, all’animale aumenta la salivazione e si rizza il pelo; quindi esso si appallottola manifestando sintomi di sofferenza per un breve periodo. Qualche mese dopo, se allo stesso topo, posto nello stesso ambiente, si inietta una minima dose di soluzione fisiologica, egli ripropone lo stesso tipo di comportamento sofferente. Questa reazione si definisce, al contrario dell’effetto placebo, effetto nocebo collegato all’apprendimento (Wall 1999). Se l’effetto placebo è la realizzazione di un’aspettativa, le aspettative si apprendono a livello individuale; se più persone condividono le stesse aspettative si genera una cultura. La cura, in generale, non può prescindere dall’aspetto relazionale, per cui se medico e malato nutrono fiducia l’uno nell’altro, la terapia, se corretta, in genere funziona. Conseguentemente, anche la compressa assume nella cultura medica occidentale il valore di un simbolo, quello della vittoria dell’intelligenza umana sui mali provocati dalla natura. In questi giorni mi ponevo delle domande sul significato che il cibo dovrebbe avere nella vita dell’uomo, e sempre di più mi rendo conto che pur essendo fonte di energia, piacere per il palato e nutrizione per la vita delle nostre cellule, l’essere umano non sa ancora riconescergli il giusto peso, il giusto significato. Dobbiamo renderci sempre più consapevoli che, il cibo non è solo un mezzo di sostentamento, ma è molto di più, deve essere visto come un’importante fonte di piacere, per il palato e per lo spirito; una sorta di autogratificazione capace di imprimere energia positiva che fornisce alle nostre emozioni la giusta direzione per rendere migliori le nostre giornate. Purtroppo, l’industria alimentare da un lato e l’estremismo al consumismo dall’altra, ha trasformato la ricerca nel mondo dell’alimentazione in un “circo” dove le forme di edonismo classificato con stelle, non rappresenta la vitalità energetica che il cibo dovrebbe avere. Ma il cibo in origine era salute, ed è un potentissimo mezzo messo a nostra disposizione dalla natura per salvaguardare l’organismo a mantenere uno stato di benessere, e non, invece, un modo per classificare uno stile di vita in mano a pochi. I cibi che oggi ingeriamo hanno l’ energia e la purezza originaria? Questa affermazione ha un peso notevole, quindi cosa ci racconta la comunità scientifica su questo argomento? Ci dice che, i cibi oggi non ci forniscono più il giusto apporto vitaminico e minerale, quindi la parola chiave è: INTEGRARE. L’integrazione è diventato lo strumento indispensabile per agire positivamente sull’efficienza del nostro organismo. Bastano solo gli integratori? La nuova tendenza è quella di utilizzare i benefici forniti dagli alimenti nutraceutici, ovvero, sostanze che hanno oltre ad un’azione nutriente per il nostro organismo, un’azione farmacologia che, protegge e conserva il nostro sistema cellulare, ma a differenza del farmaco tradizionale, non ha gli effetti collaterali. In definitiva, si tratta di nutrienti per l’organismo, con azione protettiva latente che, quando serve aiuta l’uomo a superare le difficoltà che una malattia potrebbe comportare. Assumere un nutraceutico nell’arco della propria vita potrebbe offrire quell’equilibrio necessario al nostro organisco per garantire la salute.
Pur essendo un settore di ricerca giovane e, in assoluto, un’area in grande fermento, dove il concetto base a cui aspira arrivare è quello di fornire un “un prodotto isolato o purificato dagli alimenti, con azione medicamentosa che, possa fornire un effetto benefico fisiologico e una protezione contro le malattie croniche”. Per distinguere, quindi, i Nutraceutici dagli integratori nutrizionali, possiamo affermare che i Nutraceutici sono delle sostanze biologiche, solitamente concentrate, aventi caratteristiche preventive, riequilibrative, terapeutiche e protettive a livello psico-fisiologico. Integrando ed arricchiendo al meglio l'alimentazione con molecole utili, possiamo agire contro le possibili malattie, l’invecchiamento, gli agenti negativi esterni, i radicali liberi, lo stress psico-fisico, così da facilitare e potenziare il generale funzionamento del corpo e della mente. Fra gli alimenti più studiati da questa nuova disciplina, ve ne sono alcuni che, sembrerebbero essere utili nel contrastare alcune delle patologie più diffuse nella società moderna:
L'importanza di questa sostanza è fondamentale, si pensi solo che l’ossido nitrico viene prodotto da alcune cellule del sistema immunitario che lo utilizzano per difendersi dalle aggressioni degli antigeni. In questo caso viene sfruttata la sua azione ossidante e la conseguente capacità di liberare radicali liberi in grado di distruggere la membrana plasmatica degli agenti microbici. Il monossido di azoto sembra inoltre stimolare la proliferazione cellulare dei linfociti T e B durante la risposta immunitaria. (Kyani FX o Extreme)
Questi sono alcuni esempi di sostanze, piante, e frutta con specifiche azioni benefiche che, mescolatead altri nutrienti possono comporre un prodotto dalle elevate connotazioni innovative nel mondo della nutraceutica.
Chiedi il video sui prodotti nutraceutici inviando la richiesta alla mia email di facebook: [email protected] Ci sono oltre 7 milioni di esseri umani che si muovono sul nostro pianeta Terra. Ma quanti di loro sanno qual è il proprio grado di salute? Tu personalmente sai qual è il tuo? Quanto tempo ci fermiamo a pensare alla nostra salute e alla salute delle persone a cui vogliamo bene? Adottiamo i giusti provvedimenti per la nostra salute? Certamente conosciamo già molte delle cose benefiche da fare, come l’attività fisica, il dormire sano, l’importanza del liberare i pensieri dalle emozioni negative e molte altre cose ancora. Ma la domanda che mi pongo è: “Tutto questo lo facciamo realmente e continuamente?” La risposta è tutta intorno a noi, basta guardare le persone che ci circondano…. esse rivelano segni inconfondibili di stress e di affaticamento fisico, psichico e spirituale. È un dato assodato che, ci sentiamo sempre più stanchi, soprattutto, i giovani che già agli inizi della loro carriera lavorativa sono spossati ed esausti. Tutto questo è giusto? È possibile invertire questa tendenza e cambiarla?
Oggi, la scienza ci viene incontro, suggerendoci cibi o food alimenti o nutraceutici, capaci di ridurre drasticamente la stanchezza, l’affaticamento, apportando al nostro organismo i benefici dei principi attivi farmacologici delle piante e degli alimenti contenuti nel cibo. Il mio intento è quello di darvi maggiore informazione, maggiore consapevolezza su cosa si può fare per vivere in salute e pieni di energia. Mandami un’email di richiesta e sarò lieto di inviarti informazioni preziose ed esclusive su una combinazione perfetta e portentosa fatta di ingredienti, i più puri che esistono in natura, per prenderti finalmente cura della tua salute, giorno dopo giorno, migliorando la tua efficacia psico fisica.
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